Cephalophus ogilbyi

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Cefalofo di Ogilby[1]
Stato di conservazione
Rischio minimo[2]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdineArtiodactyla
FamigliaBovidae
SottofamigliaCephalophinae
GenereCephalophus
SpecieC. ogilbyi
Nomenclatura binomiale
Cephalophus ogilbyi
(Waterhouse, 1838)

Il cefalofo di Ogilby o cefalofo di Fernando Poo (Cephalophus ogilbyi Waterhouse, 1838) è un piccolo cefalofo originario dell'Africa occidentale. Deve il nome al naturalista irlandese William Ogilby, segretario onorario della Società Zoologica di Londra tra il 1839 e il 1846.

Tassonomia

Attualmente, gli studiosi riconoscono tre sottospecie di cefalofo di Ogilby[1]:

  • C. o. ogilbyi Waterhouse, 1838 (Isola di Bioko, Nigeria e Camerun);
  • C. o. brookei Thomas, 1903 (dalla Sierra Leone al Ghana);
  • C. o. crusalbum Grubb, 1978 (Gabon e Repubblica del Congo nord-occidentale).

Descrizione

Il cefalofo di Ogilby è un'antilope piccola e riservata, lunga 85–115 cm, alta al garrese 55–56 cm e pesante 14–20 kg, con corpo tozzo, dorso arcuato, quarti posteriori ben sviluppati e zampe brevi e snelle, tutti adattamenti che gli consentono di muoversi con facilità tra il fitto sottobosco[3][4][5]. Il nome afrikaans duiker, attribuito a tutti i cefalofi, significa «tuffatore», e si riferisce alla loro abitudine di tuffarsi nei loro rifugi se disturbati[3][6]. I sessi sono simili nell'aspetto ed entrambi presentano brevi corna simili a chiodi, ricurve e massicciamente corrugate, sebbene quelle della femmina siano molto più corte di quelle del maschio[3][4][7][8]. Il mantello è arancio-rossastro, con posteriore rosso, regioni inferiori più chiare e una linea nera che corre dalla schiena alla coda, la quale è breve (12–15 cm) e con un caratteristico ciuffo all'estremità[3][7][8]. C. o. crusalbum presenta delle caratteristiche zampe bianche che lo distinguono da tutti gli altri cefalofi[8][9]. Come altre specie di cefalofo, anche quello di Ogilby possiede grandi ghiandole odorifere, note come ghiandole preorbitali, sotto a ogni occhio. Queste vengono usate probabilmente per marcare il territorio o perfino per marcare altri esemplari[3]. Abbastanza simile nell'aspetto al cefalofo baio (Cephalophus dorsalis), il cefalofo di Ogilby si distingue da quest'ultimo per avere zampe più lunghe e più sottili e una colorazione più chiara[7][8].

Distribuzione e habitat

Il cefalofo di Ogilby è presente in quattro distinte località, tutte situate all'interno della zona delle foreste equatoriali dell'Africa occidentale. C. o. brookei è diffuso dalla Sierra Leone al Ghana, C. o. ogilbyi vive sull'isola di Bioko (Golfo di Guinea) e, sul continente, in alcune zone di Nigeria e Camerun, e C. o. crusalbum vive in Gabon e nella Repubblica del Congo nord-occidentale[2][8][10].

Questa specie vive prevalentemente nelle foreste umide di pianura. Sebbene prediliga le foreste primarie a quelle secondarie[2][8][10], occasionalmente è stato visto anche compiere «incursioni» dalla foresta verso le aree agricole vicine[11]. Sull'isola di Bioko, il cefalofo di Ogilby è presente anche nelle elevate foreste di montagna, probabilmente a causa dell'assenza di altre specie di cefalofo che generalmente occupano questo habitat sul continente[7][8].

Biologia

Il cefalofo di Ogilby si nutre di una vasta gamma di foglie, germogli, semi e frutti[3][7][11], e, come altri cefalofi, segue gli stormi di uccelli frugivori e i gruppi di scimmie attraverso la foresta, cibandosi dei frutti che lasciano cadere a terra. Si ritiene che i cefalofi giochino un ruolo importante nell'ecologia della foresta, sia come dispersori di semi che come parte significativa della dieta di predatori come il leopardo[12].

Considerato prevalentemente diurno[8][11], il cefalofo di Ogilby, come altri cefalofi, vive probabilmente da solo o in coppia[3][6], e si ritiene che sia monogamo, con maschio e femmina che occupano un territorio relativamente piccolo[4]. Le femmine di cefalofo generalmente partoriscono un unico piccolo, che rimane ben nascosto tra la vegetazione per le prime settimane di vita[3]. Tuttavia, conosciamo ancora ben poco sulla biologia di questa specie elusiva[5].

Conservazione

I principali fattori che minacciano il cefalofo di Ogilby sono il degrado e la distruzione dell'habitat, in seguito all'avanzata dei terreni agricoli, degli insediamenti umani e della deforestazione, nonché la caccia intensiva per il commercio del bushmeat[2][7]. La caccia costituisce in particolar modo una grave minaccia per la popolazione di C. o. ogilbyi presente sull'isola di Bioko[2][10]; sebbene questa sottospecie sia ancora numerosa nelle aree protette dell'isola, come la Gran Caldera de Luba[10], il monitoraggio del bushmeat nei mercati dell'isola, nel 2007, ha riscontrato un notevole incremento del numero di animali, compresi esemplari di C. o. ogilbyi, catturati nell'area[13].

I cefalofi sono prede molto popolari, poiché sono facili da cacciare, si possono tranquillamente trasportare a piedi, e da essi si ricava abbastanza carne da renderne proficua la cattura[12]. Tuttavia, gli attuali livelli di prelievo sono ritenuti insostenibili[12] e tutto questo, unito alla crescente perdita dell'habitat, alla quale il cefalofo di Ogilby è particolarmente suscettibile a causa della distribuzione limitata e della dipendenza dalle foreste primarie, potrà portare in futuro a un ulteriore declino della specie[2][10].

Note

  1. ^ a b (EN) D.E. Wilson e D.M. Reeder, Cephalophus ogilbyi, in Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ª ed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN 0-8018-8221-4.
  2. ^ a b c d e f (EN) IUCN SSC Antelope Specialist Group 2008, Cephalophus ogilbyi, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  3. ^ a b c d e f g h Macdonald, D.W. (2006) The Encyclopedia of Mammals. Oxford University Press, Oxford.
  4. ^ a b c Estes, R.D. (1992) The Behavior Guide To African Mammals: Including Hoofed Mammals, Carnivores, Primates. University of California Press, Berkeley, CA.
  5. ^ a b Marshall Cavendish Corporation. (2001) Endangered Wildlife and Plants of the World. Marshall Cavendish, New York.
  6. ^ a b Nowak, R.M. (1991) Walker's Mammals of the World. The Johns Hopkins University Press, Baltimore and London.
  7. ^ a b c d e f Kingdon, J. (1997) The Kingdon Field Guide to African Mammals. Academic Press, London.
  8. ^ a b c d e f g h Wilson, V.J. (2005) Duikers of Africa: Masters of the African Forest Floor. Zimbi Books, Pretoria, South Africa.
  9. ^ East, R. (1990) Antelopes: Global Survey and Regional Action Plans: West and Central Africa. Antelope Specialist Group, IUCN, Gland.
  10. ^ a b c d e East, R. (1998) African Antelope Database 1998. Antelope Specialist Group, IUCN, Gland.
  11. ^ a b c Newing, H. (2001) Bushmeat hunting and management: implications of duiker ecology and interspecific competition. Biodiversity and Conservation, 10(1): 99 - 118.
  12. ^ a b c Eves, H.E. and Stein, J.T. (2002) BCTF Fact Sheet: Duikers and the African Bushmeat Trade. Bushmeat Crisis Task Force Archiviato il 12 agosto 2014 in Internet Archive., Washington, DC.
  13. ^ Bioko Biodiversity Protection Program. (2007) Assessment of progress towards resolving the bushmeat crisis on Bioko Island, Equatorial Guinea. Quarterly Report Number 3, July-September 2007. Universidad Nacional de Guinea Ecuatorial (UNGE), Bioko Biodiversity Protection Program (BBPP).

Bibliografia

  • Groves C. & Grubb P., Ungulate Taxonomy, Baltimore, The Johns Hopkins University Press, 2011, ISBN 978-1-4214-0093-8.

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Collegamenti esterni

  • ultimateungulate.com.
  • http://www.simontagna.it/portalesim/ricerca.do?tipoOperazione=dettaglioSpecie&genere=CPH&specie=GLB&digit=0&regno=null&comune=null&scientifico=null&provenienza=null&pid=4100
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