Legittimazione democratica dell'Unione europea

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Motivo: L'omissione di una chiara spiegazione dei poteri dei singoli organi di potere dell'Unione (in particolar modo nella sezione "Snodi costituzionali nella legittimazione democratica dell'Unione europea") non permette una chiara comprensione del perché si possa parlare o meno di deficit, mentre la voce sembra tendere verso un generale diniego

La questione della legittimazione democratica dell'Unione europea e delle sue istituzioni anima un dibattito politico e giuridico che vede in campo posizioni diverse e variegate[1], a volte polarizzate sulla netta contrapposizione tra chi, da posizioni euroscettiche, afferma che l'intero sistema di governance dell'Unione europea sia affetto da un deficit democratico (d'intensità più o meno grave, a seconda delle singole posizioni), e chi, da posizioni filo-europeiste, sostiene, al contrario, che la legittimità dell'Unione e della sua governance non discenda solo dalla consultazione popolare diretta nelle elezioni europee, ma promani anche da quella stessa legittimazione democratica della quale, nei singoli stati membri, sono investiti i soggetti politici nazionali che partecipano in modo diretto agli organismi politici comunitari o esprimono e designano le figure che prendono parte a organi e istituzioni privi di natura elettiva.

Storia

Lo stesso argomento in dettaglio: Parlamento europeo § Poteri e funzioni.
Cartellone pubblicitario pro UE a Lucca, 2023

La questione della legittimità democratica e la nozione di deficit democratico sono al centro dell'attenzione fin dalle origini del processo storico-politico di integrazione europea.

L'espressione deficit democratico si ritiene esser stata usata per la prima volta nel 1977 nel Manifesto dei Jeunes Européens Fédéralistes (Giovani Federalisti Europei)[2] la cui bozza fu redatta da Richard Corbett e ratificata nel congresso di Berlino di quello stesso anno. Nel 1979, la locuzione fu ripresa da David Marquand con riferimento all'allora Comunità economica europea (CEE), istituzione precorritrice dell'Unione europea. Corbett sosteneva che il Parlamento europeo soffriva di un deficit di democrazia dovuto alla stessa natura che aveva all'epoca, quella di organo non eletto in modo diretto dai cittadini della comunità[3][4][5]

In principio, quindi, il termine deficit democratico era usato in modo molto specifico, come critica rivolta al meccanismo che permetteva la devoluzione di quote di potere legislativo dagli stati nazionali al Consiglio dei ministri europei, attraverso modalità non assistite da procedure partecipative. Faceva riferimento alla percezione di scarsa accessibilità alle istituzioni e ai processi di policy making di rango comunitario da parte dei semplici cittadini, o di una scarsa accountability delle istituzioni comunitarie, di una mancanza di rappresentatività nei confronti dei comuni cittadini[6][7].

Il proposito di superare tali criticità ha sollecitato delle risposte politiche che andassero in direzione di una maggiore partecipazione democratica. Nel 1979, vi fu il conferimento di natura pienamente elettiva al Parlamento europeo, organo rappresentativo assembleare investito del potere di approvare o respingere provvedimenti di legislazione europea.

Dopo questa innovazione istituzionale, venuta meno l'obiezione sulla natura non elettiva del Parlamento europeo, l'uso del termine è passato a indicare, in modo generico, nuove questioni politiche relative al processo di integrazione. Tuttavia, le elezioni europee succedutesi dalla prima edizione del 1979 hanno manifestato segni significativi di una progressiva disaffezione degli elettori europei nei confronti dell'istituzione, con una partecipazione al voto in calo fino al minimo registrato nelle consultazioni del 2014, in cui l'affluenza globale alle urne si è attestata sul 42.54% a livello europeo. Questo dato appare basso se lo si confronta con la media di partecipazione alle elezioni nazionali negli stati membri, che si aggira intorno al 68%[8].

Vi è una grande divergenza di opinioni e di giudizi sul fatto se l'istituzione europea sia afflitta o meno da un deficit democratico[1] e, tra chi ne è convinto, sull'esistenza di soluzioni e possibili rimedi da mettere in campo[9][10]. Chi è favorevole al processo storico di integrazione europea auspica una riforma che aumenti la accountability delle istituzioni e dei processi politico-decisionali dell'Unione e li renda più trasparenti, mentre gli euroscettici auspicano una riduzione dei relativi poteri istituzionali sovranazionali (se non, nelle posizioni più estreme, addirittura una dissoluzione dell'istituzione), o si spendono in favore di una fuoruscita unilaterale del proprio stato dall'Unione (come avvenuto nel caso della cosiddetta Brexit)

Snodi costituzionali nella legittimazione democratica dell'Unione europea

Nell'assetto costituzionale dell'Unione europea vi sono tre istituzioni da quale promana la legittimazione democratica:

La Commissione europea (la funzione pubblica dell'Unione) è nominata dai primi due corpi in modo congiunto.

La legittimazione democratica all'interno dell'UE può essere paragonata, grosso modo, al meccanismo di duplice legittimazione in vigore in un sistema politico federale come quello degli Stati Uniti d'America[11], in cui vi sono due centri indipendenti da cui scaturisce la legittimità: la Camera dei rappresentanti e il Senato. Per diventare leggi, le iniziative devono essere approvate dai due corpi, il primo dei quali è espressione del popolo americano nel suo complesso, laddove il secondo è un separato organo che rappresenta i popoli dei singoli stati federati americani[12].

Note

  1. ^ a b (EN) Andrew Moravcsik, The Myth of Europe's "Democratic Deficit" (PDF), in Intereconomics. Review of European Economic Policy, vol. 43, n. 6, 2008, 331-340, DOI:10.1007/s10272-008-0266-7, ISSN 0020-5346 (WC · ACNP), OCLC 01753365. URL consultato il 2 ottobre 2016.
  2. ^ The first use of the term "democratic deficit", su Federal Union - Democracy and accountability at all levels of government.
  3. ^ David Marquand, Parliament for Europe, Cape, 1979, p. 64, ISBN 978-0-224-01716-9.
    «The resulting 'democratic deficit' would not be acceptable in a Community committed to democratic principles.»
  4. ^ Damian Chalmers, European Union law: text and materials, Cambridge University Press, 2006, p. 64, ISBN 978-0-521-52741-5.
    «'Democratic deficit' is a term coined in 1979 by the British political scientist [...] David Marquand.»
  5. ^ (EN) Yves Mény, De la Democratie en Europe: Old Concepts and New Challenges, in Journal of Common Market Studies, vol. 41, 2003, pp. 1-13, DOI:10.1111/1468-5965.t01-1-00408.
    «Since David Marquand coined his famous phrase 'democratic deficit' to describe the functioning of the European Community, the debate has raged about the extent and content of this deficit.»
  6. ^ Glossary: Democratic deficit, su europa.eu, European Commission. URL consultato il 6 agosto 2009 (archiviato dall'url originale il 27 maggio 2009).
    «The democratic deficit is a concept invoked principally in the argument that the European Union and its various bodies suffer from a lack of democracy and seem inaccessible to the ordinary citizen because their method of operating is so complex. The view is that the Community institutional set-up is dominated by an institution combining legislative and government powers (the Council of the European Union) and an institution that lacks democratic legitimacy (the European Commission).»
  7. ^ (EN) Dimitris N. Chryssochoou, Democracy and the European polity, in Michelle Cini (a cura di), European Union politics, 2nd, Oxford University Press, 2007, p. 360, ISBN 978-0-19-928195-4.
  8. ^ (EN) Voter turnout in national and EU parliamentary elections, su Eurostat. URL consultato il 2 ottobre 2016.
  9. ^ (EN) Press release no. 72/2009. Judgment of 30 June 2009: Act Approving the Treaty of Lisbon compatible with the Basic Law; accompanying law unconstitutional to the extent that legislative bodies have not been accorded sufficient rights of participation, Corte Costituzionale Federale tedesca – Ufficio stampa, 30 giugno 2009. URL consultato il 2 ottobre 2016.
    «The extent of the Union's freedom of action has steadily and considerably increased, not least by the Treaty of Lisbon, so that meanwhile in some fields of policy, the European Union has a shape that corresponds to that of a federal state, i.e. is analogous to that of a state. In contrast, the internal decision-making and appointment procedures remain predominantly committed to the pattern of an international organisation, i.e. are analogous to international law; as before, the structure of the European Union essentially follows the principle of the equality of states. [...] Due to this structural democratic deficit, which cannot be resolved in a Staatenverbund, further steps of integration that go beyond the status quo may undermine neither the States' political power of action nor the principle of conferral. The peoples of the Member States are the holders of the constituent power. [...] The constitutional identity is an inalienable element of the democratic self-determination of a people.»
  10. ^ (EN) Ingolf Pernice e Katharina Pistor, Institutional settlements for an enlarged European Union, in George A. Bermann e Katharina Pistor (a cura di), Law and governance in an enlarged European Union: essays in European law, Hart Publishing, 2004, pp. 3-38, ISBN 978-1-84113-426-0.
    «Among the most difficult challenges has been reconciling the two faces of equality – equality of states versus equality of citizens. In an international organization [...] the principle of equality of states would ordinarily prevail. However, the Union is of a different nature, having developed into a fully fledged 'supranational Union', a polity sui generis. But to the extent that such a polity is based upon the will of, and is constituted by, its citizens, democratic principles require that all citizens have equal rights.»
  11. ^ Fareed Zakaria, Democrazia senza libertà, in America e nel resto del mondo,trad. Lorenza Di Lella, Rizzoli, Milano, 2003, ISBN 88-17-00017-5
  12. ^ (EN) Robert Schütze, European Constitutional Law, Cambridge University Press, 2012, pp. 74–77, ISBN 978-0-521-73275-8.

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