Threskeuein

Thrēskeuein (traslitterazione di θρησκεύειν, da θρησκεύω) è un verbo della lingua greca con cui gli scrittori e gli storici greci esprimevano un particolare atteggiamento soggettivo nei confronti delle pratiche religiose e cultuali. Il verbo è citato nel Lessico di Suda (sotto la voce θρησκευει) e ricorre in vari altri autori, tra cui Erodoto (Storie) e Plutarco (Vite parallele. Alessandro Magno).

Significato in Plutarco

Il significato è "adorare", "manifestare devozione". Il termine sottendeva tuttavia un'accezione negativa, come indicatore di una particolare inclinazione psicologica, avvertita come estranea alla sensibilità ellenica nei confronti della religione. Quest'accezione negativa è spiegata da Plutarco, in un passo della Vita di Alessandro[1], in cui lo storico greco fornisce anche quella considerava l'origine etimologica: il verbo, secondo Plutarco, deriverebbe da Θρῇσσαι (forma femminile ionica, «donne tracie»[2]): il motivo risiederebbe nei particolari costumi religiosi espressi dalle donne di popolazioni barbare della Tracia, abitanti nei dintorni del monte Emo, dedite a riti forsennati e superstiziosi:

«Riguardo a questi fatti c'è anche questa spiegazione: tutte le donne che abitano quelle regioni, fin dai tempi antichissimi, sono iniziate ai riti orfici e dionisiaci, e per questi vengono chiamate "Clodoni" e "Mimallone". Compiono atti simili a quelli delle Edoni e delle donne trace che abitano vicino all'Emo; e sembra che da ciò derivi il verbo "tracizzare", che indica l'esecuzione di strani riti magici.»

(Plutarco, Vite parallele. Alessandro Magno, II.8[3])

In base a questa etimologia, il verbo, nella traduzione italiana del passo di Plutarco, viene reso a volte come "tracizzare"[4].

Significato in Gregorio di Nazianzo

Un'etimologia simile è affermata anche da Gregorio Nazianzeno (Orazioni, 4.109[5]), Dottore e Padre della Chiesa. Gregorio, in realtà, fa discendere il verbo da ΘρᾷκεςTraci», forma maschile e attica), anziché da Θρῇσσαι (forma femminile ionica, «donne tracie»), come fa Plutarco[2]. Inoltre, nel suo caso, diversamente dall'opinione comune, il significato del termine viene riferito complessivamente all'intero culto delle divinità olimpiche[2]. Dal confronto con un altro passo di Gregorio (Orazioni, 39.5) si evince, però, che Gregorio attinge direttamente allo stesso Plutarco[6]. Rispetto alla spiegazione primaria fornita da Plutarco, si tratta, quindi, di una "forzatura" etimologica operata da Gregorio, che si ritiene sia il frutto di una scelta polemica e retorica dell'autore cristiano[6].

Note

  1. ^ Plutarco, Vite parallele. Alessandro Magno, II.8
  2. ^ a b c (ES) Mario Lamagna, Una etimología en Gregorio de Nacianzo, in «Cuadernos de Filología Clásica», Número 9 (1999), p. 233
  3. ^ da Alessandro il Grande: il Romanzo di Alessandro. La Vita di Alessandro, a cura di Monica Centanni, Bruno Mondadori, 2005, (p. 118) ISBN 9788842492009
  4. ^ Biblioteca italiana: o sia giornale di letteratura, scienze et arti, Volume 16, Presso Antonio Fortunato Stella, 1819, p. 250
  5. ^ Στηλιτευτικός πρώτος κατά Ιουλιανού Βασιλέως, 109 (da Wikisource. Trad. inglese su Wikisource: Orations of Gregory of Nazianzus: First invective against Julian the Emperor, 109)
  6. ^ a b (ES) Mario Lamagna, Una etimología en Gregorio de Nacianzo, in «Cuadernos de Filología Clásica», Número 9 (1999), pp. 229-242
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