Maborosi

Maborosi
Campo lungo, il confronto tra Yumiko (a sinistra) e Tamio (a destra).
Titolo originale幻の光
Maboroshi no hikari
Lingua originalegiapponese
Paese di produzioneGiappone
Anno1995
Durata110 min
Generedrammatico
RegiaHirokazu Kore'eda
SceneggiaturaYoshihisa Ogita, Teru Miyamoto
FotografiaMasao Nakabori
MontaggioTomoyo Oshima
MusicheMing-chang Chen
Interpreti e personaggi
  • Makiko Esumi: Yumiko
  • Takashi Naitō: Tamio, il secondo marito
  • Tadanobu Asano: Ikuo, il primo marito
  • Mutsuko Sakura: Tomeno, la pescatrice
  • Ren Ōsugi: Hiroshi, il padre di Yumiko
  • Sayaka Yoshino: Yumiko da bambina

Maborosi (幻の光?, Maboroshi no hikari) è un film del 1995 diretto da Hirokazu Kore'eda, qui al suo lungometraggio d'esordio. La pellicola è tratta dalla raccolta di racconti Bagliori fatui di Teru Miyamoto.

Trama

Osaka: la vita della giovane Yumiko è segnata da due laceranti avvenimenti. Il primo ebbe luogo durante l'infanzia, quando la sua adorata nonna decise di abbandonare tutta la famiglia per tornare a morire da sola nella sua terra natia. Il secondo è la morte misteriosa di suo marito Ikuo, suicidatosi lanciandosi sotto un treno in corsa. Yumiko, rimasta vedova giovanissima e con un figlio da crescere, decide di risposarsi con Tamio, anche lui vedovo e con una figlia e si trasferisce presso l'abitazione del suo nuovo marito in un remoto angolo costiero della penisola di Noto.

Passa il tempo, la vita di Yumiko sembra trascorrere tranquilla con la sua nuova famiglia e la piacevole compagnia della comunità del posto. Ma questa felicità è solo apparente, in quanto nella giovane donna è ancora presente un vuoto incolmabile, legato al doloroso ricordo del primo marito, mai dimenticato. Gli atroci dubbi sulla sua misteriosa morte torneranno prepotentemente a galla a tormentare Yumiko.

Cast

Maborosi sancisce l'esordio dell'attrice Makiko Esumi, ex pallavolista professionista ed offre inoltre uno dei primi ruoli di rilievo a Tadanobu Asano.

Stile

Il film presenta elementi che richiamano alla memoria il cinema di grandi autori, sia giapponesi che internazionali; tra le influenze degne di menzione, quelle derivate dal cinema di Yasujirō Ozu per lo stile registico, di Kenji Mizoguchi per la presenza di una predominante figura femminile, di Hou Hsiao-hsien e Michelangelo Antonioni per i temi dell'incomunicabilità e dell'alienazione, di Krzysztof Kieślowski per l'elaborazione del lutto.[1][2][3]

Il titolo

Il titolo originale Maboroshi no hikari significa letteralmente "luce del fantasma" o "luce fantasmatica". Sebbene il sinonimo che meglio si presta a questa espressione è il fuoco fatuo, nel film l'associazione viene data ad una "luce rivelatrice" che può apparire alle persone tormentate da dubbi e sofferenze.[4]

Location

Il film è stato girato tra la città di Osaka e il paese di Uniumachi, situato a pochi chilometri dalla città di Wajima, nella prefettura di Ishikawa.[5]

Curiosità

Nella scena in cui Yumiko ed il figlio si trovano in treno, il bambino gioca con una bilia guardando attraverso essa il paesaggio dal finestrino come la protagonista di La doppia vita di Veronica di Krzysztof Kieślowski.

Critica

Accolto molto bene dalla critica, il sito Metacritic assegna al film un punteggio pari a 94 su 100.[6] Tra le recensioni, spicca quella redatta dal famoso critico Roger Ebert che gli conferisce il massimo del punteggio.[7]

Premi

Presentato in corso al Festival di Venezia nel 1995, fu nominato per il Leone d'oro e vinse il Premio Osella per la migliore fotografia, e il Premio Osella per la migliore sceneggiatura.

Note

  1. ^ Recensione del film su Jappop.com [collegamento interrotto], su jappop.com.
  2. ^ Recensione del film su Imdb.com, su imdb.com. URL consultato il 2 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 21 marzo 2015).
  3. ^ Recensione del film su Debaser.it, su debaser.it.
  4. ^ Recensione del film su FilmTv, su filmtv.it.
  5. ^ Location del film, nel link una panoramica dell'abitazione utilizzata per le riprese, su google.it.
  6. ^ Pagina del film su Metacritic, su imdb.com.
  7. ^ Recensione di Roger Ebert, su rogerebert.com.

Collegamenti esterni

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